Riportiamo di seguito un’analisi sulla scuola e l’istruzione proposta da alcuni compagn* del Collettivo Autonomo Quibli.
Classi di Ferro
« Molti studenti, specie se poveri, sanno per istinto che cosa fa per loro la scuola: gli insegna a confondere processo e sostanza. Una volta confusi questi due momenti, acquista validità una nuova logica; quanto maggiore è l’applicazione, tanto migliori sono i risultati; in altre parole, l’ escalation porta al successo. In questo modo si «scolarizza» l’allievo a confondere insegnamento e apprendimento, promozione e istruzione, diploma e competenza, facilità di parola e capacità di dire qualcosa di nuovo. Si «scolarizza» la sua immaginazione ad accettare il servizio al posto del valore. »
(Ivan Illic, incipit ad “Descolarizzare la società”)
La scuola può essere considerata un elemento indipendente rispetto alla società? Rispetto al suo sistema produttivo e alle contraddizioni che genera?
Queste furono tra le domande che, in diverse scuole italiane del post-boom economico, fecero esplodere quello che chiamiamo il conflitto generazionale del 68 e che oggi i media mainstreem cercano di liquidare come “rivolta giovanile (e sotto sotto giovanilistica)” per isolarla da ogni aspetto sovversivo e contraddittorio. Infatti quello che avvenne è diventato materiale spicciolo e folkloristico quasi di intrattenimento (i vari Scamarcio coi 6 politici, Mao si Gesù no, secs drog end roc en roll). Non è lo stesso per quelle domande. La scuola di oggi è ancora classista, come non lo è stata mai prima.
La scuola di oggi non forma e dice di formare, dice di considerare la formazione come propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro, ed in realta educa solamente a quello, la questione dell’istruzione scolastica si allaccia sempre alla questione del sistema produttivo, e spesso dev’essere accompagnata da qualce monito del tipo: “Sei in ritardo? Pensa cosa ti farebbero al lavoro! Mi chiedo perchè qua vi debba andare tutto così bene ragazzo, eh ma io sono buono voglio insegnarti cos’è la vita ti spedisco dal preside ti faccio lavare la mia macchina e poi di boccio, toh brutto stronzo!”. Specialmente negli istituti tecnici e professionali, ma ormai anche nei licei, si tratta sempre di adeguarsi ad un determinato tipo di carriera professionale e di educare ai valori della classe dominante, colonizzare le menti del proletariato giovanile con materie spesso inutili che spesso non si adattano nemmeno ai ritmi personali dello studente, producono confusione e disagio e spesso non portano nemmeno a risultati concreti, e trovano il loro senso ed una giustificazione al massimo grazie alla stupida ideologia lavorista secondo la quale tutto ciò che è lavoro è utile alla soddisfazione personale, mentre in realtà soddisfa solo il padrone e le esigenze dell’odierna società turbocapitalistica. La scuola di oggi forma il futuro lavoratore obbediente, sottocupato, precario, ricattato e ricattabile, da utilizzare come e quando si vuole a seconda dei tempi di produzione, riproduzione (e delle crisi ovviamente) del capitale.
Avete notato che la riforma gelmini è iniziata proprio quando cominciò questa crisi? Il sistema economico politico ha dovuto riformulare il sistema educativo proprio quando iniziava ad entrare in crisi per renderlo adatto alle sue nuove attitudini. Anche le bocciature sono aumentate, come i 5 in condotta (che con la riforma Gelmini sono diventati il mezzo preferito dei professori più reazionari per castigare i compagni, e reprimere ogni forma di opposizione), a diminuire sono state solo le possibilità di trovare un lavoro dopo la maturità, come anche il numero degli immatricolati (dati MIUR e CUN).
Insomma la scuola di oggi non trasmette virtù e conoscenza, è una scuola di precari che formano precari, non trasmette passioni concrete, punta alla quantità dei programmi non alla qualità, abdica la storia contemporanea creando nuovi cittadini senza memoria, senza storia. Si sta per giungere ad un livello in cui il grado scolastico di una persona dipenderà dal reddito, dalla Classe sociale.